Il 23 ottobre, alle ore 23, centinaia di persone sono scese in strada a Napoli per protestare contro la chiusura di tutte le attività imposta dalla Regione, a seguito dell’annuncio del lockdown totale in regione da parte del presidente Vincenzo De Luca.
Scontri, proteste, tensioni. Napoli è una polveriera nella prima notte del coprifuoco. Ci sono stati scontri con la polizia dei manifestanti che hanno cercato di far disperdere la folla che invece è riuscita ad arrivare davanti al palazzo della Regione.
In cima al corteo lo striscione che racchiude l’essenza di questa protesta: “tu ci chiudi e tu ci paghi”, rivolto al Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. La decisione, poi ritirata a seguito della protesta, non teneva affatto conto che a nessuno veniva garantito nulla e che avrebbe suscitato sentimenti negativi in una città dove c’è una forte presenza di economia informale, che non può essere ridotta a pura criminalità, ma che è pura sopravvivenza: lavoro nero a cui siamo costretti.
Un nuovo lockdown infatti non è pensabile per il popolo italiano, non perché non sia necessario, bensì perché lo Stato (e la Regione) non fornisce un piano propositivo di rilancio generale: dalla Sanità Pubblica (oggi pesantemente sottorganico, paradossalmente a fronte di liste di Operatori Sanitari e Medici pronti per entrare in servizio, ma non assunti), alla totale assenza di garanzie per il posto di lavoro, dall’assenza di tutela per i lavoratori autonomi costretti a chiudere le proprie attività di sostentamento, al totale disfacimento del sistema scolastico in presenza e sicurezza.
Niente è stato fatto in questi mesi di “tregua” della malattia: non un solo medico o operatore sanitario assunto, niente sistemi di garanzie per il popolo. Lo Stato continua a chiedere sacrifici e non concede niente se non esosi prestiti (!).
La rabbia sociale cresce ed inizia ad esplodere trasversalmente in tutta la popolazione. Le masse chiedono garanzie sociali. Gli argini sono sempre più stretti e la violenza cresce.
Questa rivolta è stata subito incasellata dai massmedia come fascista e camorrista, ma la realtà è che gli attori sociali di ciò che è accaduto a Napoli sono le larghe masse popolari che, in un modo e nell’altro, oppongono la propria Resistenza spontaneamente. Una massa popolare che sta intensificando la sua azione per rispondere alla catastrofe economica e sociale che incombe sul loro/nostro destino.
Dunque, quale direzione politica stanno prendendo i malesseri generali del popolo durante questa emergenza Covid che colpisce il mondo intero?
Secondo la testimonianza di un compagno del P. CARC di Napoli:
«La linea di sviluppo che avrà, la direzione che prenderà dipenderà da quando e quanto le organizzazioni operaie e popolari prenderanno ad agire consapevolmente come vere e proprie nuove autorità pubbliche che si incaricano di mandare avanti la produzione di beni e servizi che le autorità della classe dominante tagliano, destrutturano, lasciano che vadano alla malora, svendono ai privati speculatori. Da quando e quanto organizzeranno, dunque, parti crescenti della vita sociale collettiva che la borghesia non riesce più a dirigere e gestire se non come questioni di ordine pubblico e repressione»
Che la protesta prenda la piega non convulsamente distruttiva, ma quella della costruzione di un’alternativa politica al sistema della borghesia dipenderà da noi.
Il Covid è un avvenimento storicamente contingente che spinge in avanti la crisi generale del capitalismo che non si può circoscrivere più in un solo ambito ma che travolge soprattutto il sistema sanitario nazionale italiano, deturpato da un decennio di tagli della sinistra borghese filo imperialista, e i lavoratori che non hanno nessuna garanzia statale.
La lettura distorta che ne deriva di questi fatti che stanno accadendo in Italia, probabilmente deriva dall’illusione che nella storia casi analoghi di rivolta siano stati tutti puri, che nelle rivoluzioni siano state coinvolte solo masse coscienti e rivoluzionarie inquadrate in un sistema di pensiero socialista. La situazione non è semplice, non va esaltata, ma va contestualizzata e capita perché al momento gli ordini provengono dalle élite borghese che non ha problemi ad arrivare a fine mese, mentre chi la subisce è sicuramente il popolo.
Lo stesso Lenin di fronte alla catastrofe imminente del suo tempo storico disse che il socialismo oggi ci guarda “da tutte le finestre” dello stesso capitalismo:
«I nostri socialisti-rivoluzionari e i nostri menscevichi affrontano il problema del socialismo in modo dottrinario. Lo affrontano dal punto di vista della dottrina che hanno imparato a memoria e mal compreso. Presentano il socialismo come un avvenire lontano, ignoto, oscuro. Ma il socialismo oggi ci guarda da tutte le finestre del capitalismo moderno, e il socialismo si delinea direttamente e praticamente in ogni provvedimento importante che costituisce un passo avanti sulla base di questo stesso capitalismo moderno.»
LA CATASTROFE IMMINENTE E COME LOTTARE CONTRO DI ESSA, Vladimir Lenin (settembre 1917)
Stiamo in guardia, dunque, perché il socialismo potrebbe non essere così lontano e sfocato.